Vladimir Majakovskij

Vladimir Majakovskij: vita breve, irrequieta e vorace di un poeta

Se c’è qualcuno che ha attraversato la scena della poesia degli inizi del Novecento con la prepotenza e la vulnerabilità di una meteora, questi è sicuramente Vladimir Majakovskij, nato nel 1893, morto suicida nel 1930.

Se c’è qualcuno che ha attraversato la scena della poesia degli inizi del Novecento con la prepotenza e la vulnerabilità di una meteora, questi è sicuramente Vladimir Majakovskij, nato nel 1893, morto suicida nel 1930.

Non visse una gioventù tranquilla, fu anche espulso dal liceo perché non poteva permettersi la retta. Entrò poi all’accademia d’arte di Mosca dove conobbe Burlyuk, che intuì le sue capacità e lo spinse a scrivere come nessuno aveva fatto mai. Grazie a lui pubblicò la prima raccolta di poesie (A Slap in the Face of Public Taste) e poco dopo la sua prima opera teatrale.

Le frequentazioni all’interno dell’accademia lo iniziarono alla corrente futurista che proseguì con questa vena fino al 1914. Il suo sviluppo artistico si spostò sempre più nella direzione della narrativa e fu questo lavoro, pubblicato durante il periodo immediatamente precedente alla rivoluzione russa, a stabilire la sua reputazione di poeta in Russia e all’estero.

Nel clima culturale della prima Unione Sovietica, la sua popolarità crebbe rapidamente. Come uno dei pochi scrittori sovietici a cui era permesso viaggiare liberamente, i suoi viaggi in Lettonia, Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti, Messico e Cuba influenzarono opere come La mia scoperta dell’America.

L’influenza di Majakovskij fu enorme, non da limitare solo alla poesia sovietica. Per anni è stato considerato il poeta sovietico per eccellenza, ma fu in grado di influenzare la poetica e la cultura del XX secolo. Il suo attivismo politico come agitatore propagandistico era raramente compreso e spesso considerato sfavorevolmente dai contemporanei, persino da amici intimi come Boris Pasternak.

La sua anima tormentata e complessa lo accompagnò fino alla sera del 14 aprile 1930, quando Mayakovsky si sparò.

Le ragioni che lo spinsero a questo gesto non sono del tutto chiare, al punto da spingere alcuni a dubitare che fosse davvero suicidio. D’altro canto Majakovskij divenne sempre più disilluso dal corso che l’Unione Sovietica stava prendendo sotto Joseph Stalin, i suoi drammi satirici The Bedbug (1929) e The Bathhouse (1930) sviluppano questa tesi.
Un altra ragione sembra fosse il suo amore per l’attrice di 22 anni Veronica Polonskaj, che non accettò di divorziare dal marito per stare con lui.

Solo una lettera rimase di quella sera e ve la riproponiamo:

“A tutti. Se muoio, non incolpate nessuno.

E, per favore, niente pettegolezzi. Il defunto non li poteva sopportare.

Mamma, sorelle, compagni, perdonatemi. Non è una soluzione (non la consiglio a nessuno), ma io non ho altra scelta.

Lilja, amami.

Compagno governo, la mia famiglia è Lilja Brik, la mamma, le mie sorelle e Veronika Vitol’dovna Polonskaja. Se farai in modo che abbiano un’esistenza decorosa, ti ringrazio. […]

Come si dice, l’incidente è chiuso. La barca dell’amore si è spezzata contro il quotidiano.

La vita e io siamo pari.

Inutile elencare offese, dolori, torti reciproci.

Voi che restate siate felici.”


L’ultima lettera di Vladimir Majakovskij

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